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Mostra “Egitto – Tesori sommersi” alla Reggia di Venaria (Torino)


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Si è appena conclusa l’unica tappa italiana della mostra internazionale “Tesori sommersi” che ha esposto circa 500 reperti archeologici provenienti dal Alessandria, Heracleion e Canopo. Città che durante i primi secoli dell’era cristiana sprofondarono sei metri sotto il livello del mare lasciando ai posteri reperti che vanno a coprire XV secoli di storia, dal 700 a.C all’800 d.C.: reperti che  mostrano al pubblico l’affascinante rimescolamento artistico di arte greca, romana e bizantina su una base chiaramente egizia.

La mostra è stata ospitata negli imponenti spazi espositivi della Reggia di Venaria, e più in particolare della Citroniera (l’antica serra creata per il ricovero degli agrumi) e della Scuderia Grande, opere di grande pregio architettonico realizzate nel Settecento da Filippo Juvarra ed il cui restauro volge ormai al termine.

Fin qui una sintesi dei vari comunicati ufficiali e non reperibili anche in rete sulla mostra. Adesso una valutazione personale della stessa.

Il primo impatto è negativo: il biglietto, omaggio perchè la scrivente ha utilizzato l’Abbonamento Musei che dà diritto all’ingresso gratuito, ha come ora di stampa le 9.02 del mattino mentre è stato ritirato alla cassa ben dopo le 15. E qui sorge una (legittima?) perplessità sul numero di reali visitatori che hanno percorso le stanze in cui erano esposti i manufatti…

Secondo impatto: la vastità degli spazi, che rendono piccoli anche i reperti più imponenti.

Poco alla volta ci si rende conto che l’allestimento -molto scenografico e MOLTO STROMBAZZATO- realizzato da Robert Wilson a cui si uniscono le musiche ed ambientazioni sonore di Laurie Anderson, sono più importanti dei pezzi esposti. In poche parole, una classica americanata nel senso più evocativo del termine.

Chissà… forse la necessità era quella di nascondere la povertà dell’offerta artistica, oppure il progetto è stato partorito sin dall’inizio in questi termini, tuttavia il risultato offerto all’appassionato è decisamente sconcertante.

In molte sale i reperti risultavano esposti su più livelli (due oppure tre) e questa scelta rendeva la loro visione particolarmente difficoltosa per non dire proibitiva. In ogni caso non affatto piacevole: la fila superiore era osservabile solo da persone alte, molto alte… che nonostante ogni sforzo avevano una visione dal basso. La fila più in basso, invece, richiedeva che il gigante in precedenza privilegiato si piegasse in due offrendo le terga a chi osservava il reperto successivo ovvero si mettesse ginocchioni. Un esecizio atletico degno di un percorso ginnico, da suggerire ai supervisori del Parco de La Mandria. In altre si è cercato di ricreare i riflessi marini con reti che offuscavano la visione degli oggetti mentre nel Coral Tunnel vetri deformanti rendevano l’idea degli oggetti immersi nell’acqua. Chissà perchè ma lo avevo apprezzato maggiormente quando avevo visitato l’Acquario di Genova…
Molto molto carino, per chi era interessato alla visione d’insieme e non ai reperti. A confermare le priorità della Mostra le targhette: scritte a caratteri piccoli e posizionate strategicamente in posizione defilata in maniera da renderne la lettura lunga e faticosa, sì da far passare la voglia di farlo dopo qualche tentativo.

Le aspettative erano alte, grazie anche al grande battage pubblicitario, e sono andate completamente deluse.

A seguire un video con interviste realizzate durante l’inaugurazione della mostra.

Ogni commento sulle valutazioni degli intervistati è superfluo.